NOTE
GENERALI ( Federico Peiretti per Tuttoscienze)
Nel 1942, Piet Hein, poeta e matematico danese, presentò agli studenti dell'Istituto di Fisica Teorica Niels Bohr di Copenaghen un nuovo gioco, battezzato
Poligon. Il gioco ebbe un immediato successo fra gli studenti; dobbiamo però precisare che l'Hex ha un secondo padre spirituale. Indipendentemente da Piet Hein, il premio Nobel John Nash riscoprì infatti il gioco, nel 1949, quand'era studente all'Università di Princeton. Nash ha il merito di avere sviluppato l'analisi della strategia del gioco, dimostrando come l'Hex, le cui regole si imparano in trenta secondi, abbia poi una strategia talmente ricca e complessa da catturare qualsiasi appassionato di giochi matematici. Gli studenti dell'Istituto di Matematica di Princeton iniziarono a giocare a Nash, come venne battezzato il nuovo gioco, sulle piastrelle esagonali dei bagni dell'Istituto.
Il nome Hex verrà dato soltanto nel 1952, a una delle prime versioni commerciali del
gioco.
Può essere considerato un lontano cugino del Go e si gioca su una scacchiera romboidale a celle esagonali. Gli esagoni sono generalmente 11 per lato. Due lati opposti del rombo hanno lo stesso colore, ad esempio blu e gli altri due rosso. Uno dei giocatori ha a disposizione un certo numero di pedine blu e l'altro di pedine rosse. Vince chi riesce per primo a creare con le sue pedine una catena ininterrotta che colleghi i lati opposti dello stesso colore. Il giocatore con le pedine blu cercherà quindi di collegare i lati blu del rombo e il giocatore con le pedine rosse, i lati rossi, collocando naturalmente le pedine sugli esagoni non ancora occupati.
Il gioco non può finire alla pari e, come ha dimostrato Nash, esiste una strategia vincente per il primo giocatore, ma nessuno finora è riuscito a trovarla. La ricerca della strategia vincente è una sfida per tutti i matematici, fra i quali il gioco è molto popolare. Lo stesso Einstein aveva sulla sua scrivania, nello studio di Princeton, una scacchiera dell'Hex.
SULLA
STRATEGIA ( Piergiorgio Odifreddi Università di Torino)
1994 il Premio Nobel per l'Economia fu assegnato a John Nash, un interessante personaggio del quale Rizzoli ha da poco pubblicato l'affascinante biografia ««Il genio dei numeri»», di Sylvia Nasar. Il premio fu assegnato a Nash per i suoi studi sulla teoria dei giochi: il che mostra come, per i matematici, lavoro e divertimento non siano che aspetti diversi di una stessa attività. Per esemplificare questa affermazione ci concentreremo sul gioco Hex, che Nash reinventò a 21 anni quando era studente a Princeton, nel 1949. Poiché la storia e le regole del gioco sono spiegate in questa stessa pagina, qui possiamo concentrarci sulla teoria matematica che Hex ispirò a Nash. I problemi da affrontare e risolvere per Hex sono tipici di qualunque gioco di coppia. Anzitutto, è possibile pareggiare, o invece il gioco deve necessariamente finire con la vittoria di uno dei due giocatori? Se questo è il caso, cioè se uno dei due giocatori deve per forza vincere, che ruolo ha la creatività? Ad esempio, è possibile che uno dei due giocatori possa perdere soltanto se commette errori? In altre parole, esiste una strategia che gli assicuri la vittoria? Se questo è il caso, quale dei due giocatori è quello avvantaggiato? La prima osservazione che Nash fece fu che Hex non permette di pareggiare, perché uno dei due giocatori deve vincere. Infatti, supponiamo di essere arrivati ad un punto in cui nessuno dei due giocatori può più muovere, cioè al punto in cui la scacchiera è completamente coperta di pedine rosse o blu. La prima possibilità è che ci sia un percorso di pedine rosse che collega i lati rossi della scacchiera: in questo caso il giocatore rosso ha vinto. La seconda possibilità è che ogni percorso di pedine rosse che parte dai lati rossi della scacchiera sia incompleto: in questo caso il giocatore blu ha vinto, perché deve esistere un percorso di pedine blu che, zigzagando attorno ai punti in cui i percorsi rossi vanno a morire, collega i lati blu della scacchiera. La seconda osservazione che Nash fece fu che uno dei due giocatori deve avere una strategia vincente. Infatti, supponiamo che il primo giocatore non abbia una strategia vincente. Questo significa, anzitutto, che qualunque mossa di apertura egli faccia, deve esistere una possibile mossa di risposta del secondo giocatore che non è perdente: in altre parole, il secondo giocatore deve poter rispondere in modo tale che non gli sia preclusa la vittoria. Se il secondo giocatore gioca proprio una mossa del genere, i due si ritrovano nella situazione di partenza: qualunque sia la seconda mossa del primo giocatore, deve esistere una possibile mossa di risposta del secondo giocatore che non è perdente, e così via. Questo significa che il secondo giocatore può sempre rispondere in modo da evitare di perdere: ma poiché abbiamo già dimostrato che uno dei due deve vincere, se il secondo giocatore evita sempre di perdere, alla fine vince! La terza osservazione che Nash fece fu che deve essere il primo giocatore ad avere una strategia vincente. Sappiamo infatti già che uno dei due giocatori ha una strategia vincente. Ma se fosse il secondo ad averla, il primo ce l'avrebbe anche lui, perché basterebbe che egli giocasse la prima mossa a caso, e poi seguisse la strategia vincente del secondo giocatore. Poiché, ovviamente, solo uno dei due giocatori può avere una strategia vincente, deve essere il primo ad averla. Questo significa allora che il gioco Hex è senza interessi per i giocatori? Niente affatto. Perché siamo solo riusciti a dimostrare che una strategia vincente per il primo giocatore esiste, ma non sappiamo quale sia! Questo è un meraviglioso esempio di matematica ««metafisica»», non costruttiva: si dimostra che qualcosa esiste, ma non si sa darne alcun esempio. Bisogna accontentarsi di qualcosa: meglio di niente, anche perché non sempre si può avere tutto.
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Come
si gioca?
Scopo
del gioco è quello di collegare due sponde
opposte della scacchiera prima dell'avversario con
una catena ininterrotta di pedine.
I due
giocatori hanno a disposizione delle pedine di
differenti colori (bianche uno e nere l'altro) e a
turno le piazzano sulla scacchiera cercando di
disegnare un percorso che tocchi senza
interruzioni le due sponde opposte colorate come
le pedine.
Non ci
sono altre regole.
La
scacchiera normalmente è un tavoliere romboidale con 121 caselle
esagonali (11 per lato).
I giocatori hanno a
disposizione ciascuno 61 pedine bianche e nere (un
colore per giocatore).
Il giocatore con le pedine nere cercherà quindi di collegare i lati
neri del rombo e il giocatore con le pedine
bianche i lati bianchi, collocando naturalmente le pedine sugli esagoni non ancora occupati. Nella
figura il bianco ha vinto.
Il gioco non può finire alla pari e, come ha dimostrato Nash, esiste una strategia vincente. La ricerca della strategia vincente
(ancora non trovata) è una sfida per tutti i matematici, fra i quali il gioco è molto popolare. Lo stesso Einstein aveva sulla sua scrivania, nello studio di Princeton, una scacchiera dell'Hex.
Per fare un po' di pratica, converrà iniziare con scacchiere più piccole di quella convenzionale. Su una scacchiera 2 x 2, di quattro esagoni, ad esempio, vince sempre il giocatore che fa la prima mossa. Su una scacchiera 3 x 3, provi il lettore a verificare che il primo giocatore vince in tre mosse, se occupa l'esagono centrale.
Su una scacchiera 4 x 4 vince ancora il primo giocatore, in cinque o sei mosse, se occupa uno degli esagoni indicati in figura, sulla diagonale minore del rombo. Su una scacchiera 5 x 5 si può ancora dimostrare che vince il primo giocatore in sei mosse, se occupa l'esagono centrale. Su scacchiere di dimensioni maggiori l'analisi del gioco diventa terribilmente complicata e finora nessuno è riuscito ad andare oltre l'analisi della scacchiera 7 x 7.
Il
gioco è disponibile nella sezione download.
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